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Storie di veglie nella stalla |
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Quella sera tutti avevano occupato posto nella stalla del vecchio Tobia, chi su sgabelli di legno chi semplicemente sulle foglie che erano state appena raccolte nella selva di castagno. Nella lettiera coricate, le mucche ruminavano tranquillamente il fieno appena mangiato. Nella stalla appena rischiarata da una tenue luce proveniente da una lampada ad olio c'erano parecchie persone. C'era Antonio detto Tony pratico di bestiame invitato perchè nella serata una giumenta aveva dato segni premonitori di parto. Tutti assaporavano il caldo tepore emanato dal bestiame, mentre fuori il freddo pungente e tanta neve di quel mese di gennaio del 1984 che non finiva mai. I due nipoti del Tobia e le sorelle del Tony, civettavano allegramente parlando dell'ultima fiera di Sant'Andrea che si era svolta a Morbegno.
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Discorrevano di cappelli e di stoffe che avrebbero voluto comperare e della gran confusione e ressa che vi era fra le bancarelle del mercato. Loro erano scesi da Sacco verso Morbegno a piedi, fino alla località Strence, ultimo tratto di strada prima del ponte del Bitto, ai piedi portavano zoccoli di legno, qui tratto dal gerlo le scarpe le calzarono velocemente. Più comode e decorose per girare alla fiera. Questo avveniva per non sciuparle nella discesa che era piena di buche e sassi. In quel momento si udì bussare , per un attimo tutti zittirono e dalla porta entrò l'ameda Ghitt che salutò con un: "bunasira". seguita da suo marito Barbatugn che borbottò un: "veilà" di circostanza. Anche loro trovarono il posto vicino al fienile sopra la marinetta (recipiente in legno per mettere a mollo vegetali per il bestiame) rovesciata. Le donne raccontavano che passando davanti all'osteria "Cà l'Avaro", edificio tuttora esistente in località Morata, avevano sentito un suono di violino e guardando dalle inferiate avevano visto figure danzanti. A questo punto furono però interrotte dal Tugn che subito paventò che la musica portava disgrazie, che il ballo è peccato e la tentanzione può portare i ragazzi ad incontri poco rassicuranti e di sventura.
Io vi posso raccontare con assoluta certezza di quella volta che la mia zia Carlina, pace all'anima sua perchè morta nel '71, in occasione delle feste dell'Assunta conobbe un giovinetto, riccamente vestito e dai modi gentili che toccandole un braccio la invitò a fare un ballo con lui. La Carlina dentro di se voleva rifiutare ma una volontà più forte la convinse a seguire quel bel giovinotto e per nessuna cosa al mondo avrebbe rinunciato. Entrarono nel locale dove si ballava e fra le braccia di così bel cavaliere, fra giri velocissimi della danza la Carlina non riusciva più a staccarsi. Ma nel bel mezzo del ballo le caddero gli occhi sul pavimento quello che vide la colmò di terrore. A quel giovinotto dal ricco vestito spuntavano piedi uncinati da caprone. A quella vista capì di essere stata tentata dal diavolo e con grande sforzo riuscì a dire: "Signor Vutem! ". Al proferimento di queste parole riuscì a staccarsi e vide il suo bel cavaliere in una nube di fuoco che scomparendo lasciò un forte odore di zolfo. Tornò a casa e fece voto che mai più avrebbe accettato di entrare in un locale da ballo.
Questo racconto zittì tutti convenuti e in quel momento pensarono al buio esterno della stalla e a chissà quanti diavoli e streghe vi corcolavano. Rabbrividirono di spavento pensando al ritorno a casa. Subito il vecchio Tobia con risposta, raccontò la storia di suo nonno che si era fidanzato fuori dal paese con una certa Giacoma dei Russ che abitava giù in Campione. Una sera mentre questi camminava sulla strada per andare a trovarla, a far villa come era d'uso, vide nel prato un maialino che subito si lasciò toccare. Ciò lo riempì di gioia avendo, in quel momento dell'anno, necessità di allevarne uno per la mazza invernale. Si slegò dal collo il fazzoletto e lo usò per legare il maialino, trascinandolo fino alla casa della fidanzata. Prima di entrare mentre stava per slegarlo, il maiale gli sfuggì con tanta rapidità che in un batter d'occhi scomparve nel buio della notte. Con gran rincrescimento bussò alla porta della sua Giacoma che lo fece entrare ed accomodare vicino al fuoco. Fu col chiarore delle fiamme che vide il suo fazzoletto al collo della fidanzata e senza ombra di dubbio, riscontrò che era quello che aveva usato per legare il maialino. Lo spavento fù grande e con una scusa chiese di uscire dalla casa ma appena fù fuori tutto trafelato ritornò al paese. Mai più tornò da quelle parti. Proprio in quel momento la giumenta con forti spinte si liberò di una bella vitellina, senza alcuna complicazione nel parto e subito Tobia le impose il nome di Prestina. Tutti tornarono alla propria casa, contenti e dimentichi dei racconti di diavoli e strie.
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