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Storia del Mulino
Nell'arte della macinazione nelle civiltà del passato erano usati strumenti rudimentali. Vi era la macina rotatoria manuale, un mulino casalingo che si trova in tutti i paesi del mondo. In Cina utilizzato per il riso, in Africa ancora fino agli anni '70 nei villaggi ogni capanna aveva il suo molino a mano costruito con la pietra del luogo. Interessante quello in pietra corallina del Kenya. Con la mano destra si gira un piolo inserito nelle due mole e con la mano sinistra si versa man mano il composto da macinare. Altro molino famigliare di remote origini il mortaio, in pietra o in legno fornito di un pestello per pestare cereali, frutti ed anche per la carne. Non dimentichiamo, ancora in uso ai nostri tempi , "el salaröl" piccolo mortaio di legno per pestare il sale. Nel medioevo il mortaio fu perfezionato utilizzando pietre bifore. Ed ecco la "pila" che tramite un albero a cavicchi (camme), girato da una ruota a pale dalla forza idraulica alzava due pestelli muniti di percussori chiodati. Usata per sgranare il miglio, per sbucciare le castagne, per pilare l'orzo e la segale. Infine sempre nel medioevo il molino a rullo in pietra, con macina girevole mossa da animali e/o persone. Questo permise di capire la facilità del movimento e quindi lo si poteva azionare anche con la forza dell'acqua. Molino frantoio della Cösta. All'epoca quest'invenzione non ebbe gran divulgazione poiché le famiglie disponevano di grande quantità di forza umana e ciò bastava a far girare le macine. Molte zone erano prive d'acqua, vedi gli abitanti della Cösta (Sacco Valtellina) giravano il frantoio molino a mano perché non scorreva acqua. Fu Leonardo da Vinci con i suoi studi sui molini ad acqua, sulle forme di posizione della ruota a pale, sulla ruota dentellata ad incastro con il rodigino, a rivoluzionare i molini e guardando i congegni del Molino del Dosso si vede la mano di questo inventore. Sul finire del 17mo secolo tutto ciò portò a far girare i molini con la spinta dell'acqua. Solo in Olanda le pale giravano spinte dalla forza del vento. Con la rivoluzione industriale ed il progresso del '900 gli ingranaggi di legno di Leonardo da Vinci, furono sostituiti con il ferro dando una resa di macinazione superiore ed industrialmente si passò al molino a cilindro dei tempi nostri.
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l gruppo di case del Dosso che hanno dato il nome al mulino, un tempo non esistevano. Le abitazioni erano più a valle ed il casolare abitativo si chiamava "San Martin"; centro allora importantissimo dovuto alla vicinanza del torrente Riofiume che con la forza delle sue acque sempre quiete, faceva girare le pale dei molini degli opifici ed il maglio di una ferriera che sorgeva al suo fianco. Dove ora sorge la chiesa di San Giuseppe passava anche l'antica strada che da Gerola portava al piano. Su questa antica via transitava il ferro fuso della fonderia che la famiglia Curtoni gestiva nel 1350/1400. Così pure le stesse campane di Gerola trasportate a "cubbiet" sulle spalle dei valligiani sono passate da qui.
Ancor oggi è interessante visitare questo luogo abbandonato, denso di tracce dell'antico insediamento. Si ammirano tutt'ora i millenari muri della strada coperti dalla patina del tempo ma ancora ben saldi e magistralmente costruiti.
Tutti questi resti fanno rivivere l'ingegnosità e la maestria di questi abitatori, che con la forza dell'acqua, tramutavano in farina frumento, granoturco e castagne. Battevano il ferro per produrre utensili agricoli, non escluso spade ed altre armi del tempo.
A memoria, si ricorda ancora in questo luogo, un mulino, gestito dalle sorelle Maccani, chiuso intorno al primo decennio del 1900.
Intorno al 17° secolo, con la costruzione della nuova strada più a monte, San Martin adagio, adagio si spopolò ed i suoi abitanti si trasferirono più in alto, in una località più soliva e salubre, chiamata "Dosso", frazione del Comune di Cosio.
Sulla destra del torrente è ancora presente l'edificio che ospitava l'osteria con alloggio "San Martin", che con il suo nome ricorda l'antico insediamento. Chiuse anch'esso l'attività alla fine dell'ottocento.
Sulla nuova strada si sono spostati anche i molini di San Martin, tra i quali il mulino del Dosso, che a testimonianza di ciò ricevette il nome della comunità trapiantata sulla dorsale della montagna.
Il Mulino del Dosso, fu costruito da Giacomo Pezzini da Rasura nel 1836 e venne poi tramandato di padre in figlio fino ai tempi nostri, come ricorda l'iscrizione su calce visibile sulla parete esterna sopra la porta d'ent
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Reperti molinari: macine medioevali e maglio dell'antica ditta Buzzetti Paolo e Figlio di Morbegno (SO)
Fontana a sette livelli costruita con i vecchi lavandini di un tempo
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