Lino (1923)A mio ricordo il mugnaio era Luigi Pezzini detto "Tiradü". Il mulino girava giorno e notte, si portava il granoturco e si aspettava finché fosse macinato. Al quel tempo, in alcuni periodi dell'anno, si avevano grossi problemi di funzionamento dovuti alla scarsità dell'acqua: per siccità o d'inverno quando tutto si ghiacciava.
Il molino del Dosso è quindi stato costruito tenendo conto di questa situazione e usando accorgimenti di antica concezione che ne fanno uno dei più rari d'Italia:
Supporti in pietra per sostenere le macine dalla forte umidità del terreno e dalle infiltrazioni d'acqua. Se si fosse usato legno, questo sarebbe marcito in poco tempo.
Albero a pale in legno di larice con ruota di m. 1.70 con contenitori d'acqua molto capienti, a giro lento.
All'interno dell'albero a pale si è costruita un'altra ruota dentellata di legno da m. 1.30 di diametro che girando scarica la sua forza su un piccolo pignone in legno da 30 cm. di diametro aumentando i giri di rotazione e dando alla macina la velocità di giri 4,5 per ogni giro dell'albero a pale.
Questo espediente della grande ruota dentellata dimostra che nell'ottocento non esistevano ingranaggi in ferro che attualmente fanno girare i molini. Si doveva inoltre tenere conto di una velocità di rotazione compatibile con l'usura dei congegni. Altri molini ad acqua da me visitati hanno subito restauri e sono mossi nel senso inverso rispetto al molino del Dosso: ruota a pale che gira velocemente con forte spinta d'acqua, all'interno congegni d'acciaio ben oliati che riducono la velocità di rotazione dando così alla macchina più regolarità. Un accorgimento più moderno e redditizio per i mugnai del nostro tempo. Tornando alla storia del mulino del Dosso, nel 1941, Luigi Pezzini muore lasciando quattro figli orfani di cui il maggiore Lino era prigioniero dei tedeschi a Brescia.
In quelle circostanze la solidarietà fu d'aiuto a questa famiglia: lo zio Pietro Pezzini (1907-1979), con grande altruismo, partì da Rasura e raggiunto il comando tedesco, riuscì con argomentazioni valide a riportare a casa il nipote. Quelli erano tempi duri in valle: la guerra, il molino fermo con i suoi congegni usurati dal tempo e la morte del capofamiglia, sempre con l'aiuto dello zio Pietro si costruì una nuova e più efficiente ruota così che il molino tornò a girare di nuovo. La suddetta ruota è tuttora in loco funzionante.
La tecnologia, i nuovi gusti alimentari, l'abbandono della montagna di numerose famiglie fecero decrescere l'importanza di questo antico strumento per macinare la farina e così nel 1964 l'attività molinaria cessò e con lei ogni movimento rotatorio alimentato ad acqua in Valgerola.
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